mercoledì 11 febbraio 2009

Siamo Tutti Complici d'Impresa (di Sasha Colautti, RSU FIOM in Wartsila)

In 30 minuti esatti, nella serata di Giovedì 22 Gennaio, CISL UIL, CONFSAL e UGL hanno sottoscritto ed approvato la riforma del modello contrattuale assieme alla CONFINDUSTRIA ed al GOVERNO. Il CCNL viene irrimediabilmente indebolito, negli integrativi aziendali sarà “vietata” la quota fissa e gli aumenti saranno legati esclusivamente alla redditività dell’azienda.

E’ inutile dire che i segretari di CISL, UIL, CONFSAL ed UGL si immaginano un altro sindacato. Il sindacato collaborazionista, quello che, a detta del presidente della Confindustria Emma Marcegaglia, deve far diventare il lavoratore un “complice d’impresa”.

Ora è fatta. Siamo tutti complici d’impresa.

Quello che mi chiedo è che cosa faranno gli iscritti di CISL, UIL, UGL e CONFSAL adesso. Che cosa ne pensano del fatto che i loro sindacati hanno deciso (senza nemmeno interpellarli attraverso il referendum) di firmare un accordo che riduce il loro salario e lega la contrattazione di secondo livello ESCLUSIVAMENTE alla redditività dell’azienda? Perché CISL e UIL non hanno organizzato assemblee per spiegare che cosa si stava per firmare?

Ho fatto una summa d’alcuni interessanti articoli presi dal coordinamento RSU e “il pane e le rose” che trattano l’argomento e che secondo me danno una visione sistematica dell’accordo, e che daranno a voi degli elementi di valutazione decisamente obiettivi. In realtà basterebbe leggere l’accordo firmato per rendersi conto di quanto sia indifendibile.

Link ai documenti

Ho letto da qualche parte che la Presidente della Confindustria Emma Marcegaglia ha tentato, in un incontro durato cinque ore, di convincere Epifani a firmare la riforma dei contratti già accettata dalle altre confederazioni. Cinque ore alla fine delle quali Epifani ha confermato il no della Cgil.

Mi è venuto da pensare: perchè la Confindustria vuole a tutti i costi la firma della CGIL? Certamente non si tratta di un’organizzazione filantropica che chiede ai possibili beneficiari della sua generosità di accettarla! Sappiamo bene come gli accordi di oggi peggioreranno le condizioni generali del rapporto di lavoro e con i meccanismi già adottati con la legge trenta si creeranno i presupposti per sostanziali decurtazioni dei minimi salariali nelle regioni e nelle aziende. Inoltre avanza il processo di scardinamento dell'art.18 e dei contratti a tempo indeterminato. Oggi nasce una specie di diritto sindacale che è sopratutto diritto delle aziende alle quali bisognerà piegarsi dopo essere stati spogliati di ogni possibile tutela e possibilità di resistenza sindacale o legale.

Non si fa gran fatica a dimostrare l'assurdità dell'accordo separato firmato da Cisl, Uil, Ugl, Confsal e Confindustria.
Da oggi il riferimento non sarà più l'inflazione programmata (che già faceva acqua da tutti i buchi) ma un'altra cosa che però ancora non si capisce bene cosa sia ... infatti l'accordo dice:

"per la dinamica degli effetti economici si individuerà un indicatore della crescita dei prezzi al consumo assumendo per il triennio - in sostituzione del tasso di inflazione programmata - un nuovo indice previsionale costruito sulla base dell’IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. L’elaborazione della previsione sarà affidata ad un soggetto terzo"

Ciò che appare comunque evidente è che il riferimento all'inflazione reale (già ridotta a richiamo solo nominale da quando è stata abolita la scala mobile) è andata definitivamente a farsi benedire ... scomparsa anche dal lessico sindacalese.

I nostri salari potranno forse recuperare qualcosa dell'aumento del costo della vita (dubito), ma non tutto in quanto depurato dagli effetti dei prezzi dei beni energetici importanti (elettricità e petrolio si presume) sull'inflazione ... ossia da quanto incide per almeno la metà sui processi inflazionistici.

L'accordo ci dice inoltre che a decidere di quanto dovranno aumentare i nostri salari sarà d'ora in poi un "soggetto terzo" che, da quanto si capisce, non sarà più il Governo tramite le leggi finanziarie (e già così…) ma probabilmente un soggetto di ricerche economiche, magari (sicuramente) un ufficio studi che sicuramente già lavora per banche e per diversi degli imprenditori iscritti a Confindustria.

L'altra perla dell'accordo è che il salario variabile legato alla contrattazione decentrata sarà ancor più di prima (dell'accordo del 23 luglio) subordinato ai risultati di produttività, redditività, recupero efficienza delle imprese e con l'aggiunta che la sua erogazione viene ora esplicitamente subordinata ad un'azionedel Governo che garantisca per ogni lira di salario variabile erogato corrispondenti sgravi fiscali e risparmi contributivi a favore delle imprese (e quindi .. a carico della collettività).

Cisl, Uil, Confsal e Ugl cantano vittoria ma non si capisce su cosa, e sarà difficile che vengano a spiegarcelo nei luoghi di lavoro. Se pensiamo alle urla di dolore di Bonanni di solo pochi mesi fa riguardo all'insorgere di una "emergenza salariale" ci rimane difficile pensare con quali argomentazioni il segretario della Cisl potrebbe venire a convincerci in assemblea.
Non certo con il suo famoso e recente "Basta col salario a prescindere"…

Certo non con gli argomenti di Angeletti che, in piena overdose di entusiasmo ha declamato ..."per la prima volta si considera il salario non come la derivata di rapporti politici tra sindacati, imprese e governo, ma come la derivata del lavoro" ... che è come dire che il salario non deve corrispondere ai bisogni che il lavoratore deve soddisfare ma a quanto lavoro è disponibile a fare in più.

Neppure con gli argomenti della Polverini (UGL) che dichiara come ... "L'accordo raggiunto sulla riforma del modello contrattuale rappresenta un contribuito che le organizzazioni dei lavoratori danno per la risoluzione della crisi" .... come dire che la questione dell'emergenza salariale era tutta una bufala e che il problema principale è solo lavorare di più ed accontentarsi.

In fin dei conti non esiste alcun ragionamento propriamente "sindacale" che loro riescono ad sciorinare per giustificare la bontà e l'urgenza di questo accordo. L'unica cosa che spiega questa loro decisione è quanto da loro stessi dichiarato e cioè che si è finalmente annullato il cosiddetto “conflitto” sindacale.

Una considerazione assai peregrina in realtà. Un rapporto non conflittuale ma collaborativo sottintende l'esistenza di un rapporto paritetico tra le parti. Orbene l'accordo firmato da Cisl, Uil e Ugl ha come obiettivo principale il sostegno alla produttività e redditività di impresa. Il lavoro, e le sue aspettative normative e salariali compaiono nell'accordo solo come elementi subordinati all'impresa ed ai suoi obiettivi. Difficile quindi pensare ad un rapporto collaborativo tra due interessi, dei quali il secondo è esplicitamente dichiarato subordinato al primo.
Già in partenza l'accordo sancisce, anche sul piano concettuale, l'evidenza di uno scambio diseguale.

Verificata la debolezza e la non sussistenza di ragioni "sindacali" (anche delle più moderate) viene fuori lampante ciò che veramente Cisl, Uil e Ugl apprezzano dell'accordo e cioè il riconoscimento di ruolo che viene dato alle loro burocrazie da Governo e Confindustria.

Cisl, Uil, Confsal e Ugl aderiscono (per interesse loro) ad un modello negoziale imperniato sulla progressiva eutanasia del contratto nazionale, sulla riduzione programmata dei salari, su una contrattazione integrativa limitata ad un'area ristretta di lavoratori e di lavoratrici, subordinata ad un aumento della fatica, delle ore lavorate e legata alle performance dei bilanci aziendali e a defiscalizzazioni concesse dallo Stato.

Coscientemente aderiscono alla rampante deriva neocorporativa che impone anche la trasformazione dei modelli sindacali, compromettendone l'autonomia, prefigurando un sindacato consociativo che sostituisce la contrattazione con una rete infinita di commissioni bilaterali che escludono la partecipazione diretta dei lavoratori alla discussione ed alla decisione su come affrontare e risolvere i loro bisogni, delegando invece tutto ad una presunta specializzazione degli apparati e delle burocrazie di cui i lavoratori saranno chiamati (solo) a fidarsi.

Per me tutto questo è a dir poco sconcertante.

La Confindustria, con la complicità di questi sindacati, approfitta della crisi per portare fino in fondo l’attacco al contratto nazionale di lavoro. L’accordo separato sul sistema contrattuale apre la via alla totale flessibilità del salario; minaccia ancora di più la salute dei lavoratori con il vincolo della produttiva del salario; estende la precarietà e l’incertezza dei diritti; mette in discussione i principi fondamentali dell’iniziativa sindacale e dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

La gravità della crisi e dell’attacco ai diritti apre una fase nuova e dà spazio e valore a una linea sindacale conflittuale e antagonista. Vogliono eliminare il conflitto sociale, ma dovranno raccoglierne una quantità tale da sconfiggere il loro disegno: quello di far pagare a noi la loro crisi.


di Sasha Colautti (RSU FIOM-CGIL, Wartsila, Trieste)
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