lunedì 20 luglio 2009

Appello donne Fp Cgil - Fiom Cgil - Innalzamento età pensionabile nel lavoro pubblico: Fermiamo questa ingiustizia


Per la prima volta, con una straordinaria solerzia, il Governo accoglie i rilievi e risponde alle sanzioni dell'Unione Europea sull'uguaglianza tra donne e uomini, predisponendo un intervento legislativo che parifica l'età pensionabile delle lavoratrici del lavoro pubblico a quella dei colleghi maschi, passando dai 60 anni attualmente previsti a 65 anni.

Noi donne della FP CGIL e della FIOM CGIL diciamo NO e lanciamo un appello per fermare questo provvedimento perché:

- in Italia le donne subiscono ben altre e più gravi discriminazioni: nell'accesso al mercato del lavoro, nelle opportunità di carriera, nella crescente disparità salariale, nelle condizioni di lavoro, nel progressivo aggravarsi del lavoro di cura conseguente ai tagli ai servizi sociali.

-La possibilità di andare in pensione a 60 anni non è un obbligo, ma una libera scelta che le donne possono compiere, così come , se lo desiderano, già oggi possono continuare a lavorare fino a 65 anni e oltre come i loro colleghi maschi.

- siamo convinte che l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne del lavoro pubblico sia solo il primo passo di un Governo che vuole mettere mano all'intero sistema previdenziale, peggiorando i trattamenti per tutte le lavoratrici ed i lavoratori italiani, a partire dalla revisione dei coefficienti di trasformazioni. Questo è quanto chiede la Confindustria, che a più riprese ha sottolineato l'urgenza di applicare anche alle lavoratrici dell'industria l'innalzamento dell'età pensionabile prevista per le dipendenti del lavoro pubblico come primo passo per una riforma al ribasso di tutto il sistema pensionistico.

- non accettiamo l'idea che il costo maggiore della crisi lo paghino le donne, tanto più che il provvedimento in discussione non prevede alcuna destinazione dei risparmi che si realizzeranno. Siamo convinte, al contrario, che l'obiettivo del Governo sia quello di fare cassa, semplicemente destinando le risorse a ripianare parte del disavanzo pubblico in continua crescita.

-Le crisi e le ristrutturazioni industriali sempre più frequentemente determinano esuberi, ovvero licenziamenti collettivi, che riguardano proprio lavoratrici e lavoratori cosiddetti anziani (45/50 anni!). Se si allunga l'età per andare in pensione si rende ancora più drammatica la condizione di disoccupazione di chi è considerata troppo vecchia/o per rimanere al lavoro e troppo giovane per andare in pensione.

-L'innalzamento dell'età pensionabile frena l'ingresso delle giovani e dei giovani nel lavoro .

La crisi economica richiede invece che si dia risposta all'impoverimento delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati con misure volte a:

- garantire l'aumento delle retribuzioni e delle pensioni, cominciando da quelle delle donne, sempre più esposte al rischio della povertà.

- tutelare il diritto ad una pensione dignitosa per tutte le lavoratrici ed i lavoratori che rientrano completamente nel sistema contributivo, migliorando i rendimenti futuri delle loro pensioni in modo da garantire a tutte e tutti una copertura non inferiore al 60% dell'ultima retribuzione.

- definire subito i lavori usuranti che diano diritto a donne e uomini ad andare in pensione anticipata rispetto alle condizioni di anzianità attualmente previste.

- garantire una continuità contributiva ai milioni di giovani lavoratrici e lavoratori precari destinati, senza adeguati interventi, ad un futuro senza diritto ad una pensione dignitosa.

- prevedere una diversa e maggiore valorizzazione contributiva per i periodi di maternità e di congedo parentale.

- sviluppare una vera politica di pari opportunità che investa nei servizi pubblici, che sostenga le donne nel mercato del lavoro, che dia risposte al lavoro di cura, che allevi le donne dal peso di un doppio lavoro obbligato in tutte le fasi della vita.

Le donne della FP CGIL e della FIOM CGIL per questi obiettivi impegneranno le rispettive categorie ad iniziative di mobilitazione.


Firma l'appello e unisciti a noi nel far sentire la tua voce!


Prime firmatarie:

Rossana Dettori, Segretaria Nazionale Fp-Cgil
Rosa Pavanelli , Segretaria Nazionale Fp-Cgil
Franca Peroni, Segretaria Nazionale Fp-Cgil

Laura Spezia, Segretaria Nazionale Fiom-Cgil
Barbara Pettine, Fiom-Cgil nazionale
Francesca Re David, Fiom-Cgil nazionale

Pensioni, colpo di mano del Governo sul sistema previdenziale

Dal sito nazionale FLC-CGIL:

Il Governo ha illustrato alle organizzazioni sindacali l'emendamento che ha intenzione di presentare al Decreto Legge anticrisi al fine di equiparare l'età pensionabile tra uomini e donne nel pubblico impiego. Secondo l'emendamento, il requisito anagrafico richiesto alle donne, per andare in pensione, viene incrementato di un anno ogni due a partire dal 1° gennaio 2010.

Dopo avere più volte dichiarato per bocca del ministro Sacconi ed anche dello stesso Presidente del Consiglio che quell'argomento sarebbe stato affrontato in futuro ma che per il momento non era all'ordine del giorno, improvvisamente si scopre la necessità di rispondere in tempi brevissimi alla Corte di Giustizia Europea che nel novembre del 2008 aveva richiesto all'Italia di provvedere alla suddetta equiparazione. L'occasione si rivela utile anche per ritoccare l'intero sistema previdenziale pubblico adeguando, a partire da 2015, i requisiti dell'età anagrafica all'incremento delle speranze di vita accertato dall'Istat; ancora una volta saranno le donne a fare le spese di questa nuova e restrittiva misura.

La CGIL è stata l'unica organizzazione a reagire in modo estremamente negativo a questa ennesima manomissione del sistema previdenziale. Abbiamo ancora nelle orecchie le parole del Presidente del Consiglio che dichiarava che era necessario rendere più flessibile la possibilità di pensionamento e quindi di consentire alle donne che lo avessero voluto, di rimanere al lavoro oltre l'età dei 60 anni. Parole di pura propaganda perché la situazione è già così: se una lavoratrice del pubblico impiego vuole andare in pensione a 60 anni è obbligata a richiederlo esplicitamente altrimenti continua a lavorare fino al raggiungimento dei 65 anni. Il sistema ideato dal Governo è invece tutt'altro che flessibile: è obbligatorio.

Pensare inoltre che tale norma peggiorativa delle condizioni previdenziali delle donne rimanga limitata alle lavoratrici del pubblico impiego è pura fantasia, perché se rimanesse limitata solo al lavoro pubblico si presenterebbe come gravemente discriminatoria.

Giustamente la nostra segretaria confederale, Morena Piccinini, ha dichiarato che "La parità tra uomo e donna deve partire e realizzarsi dall'accesso al mercato del lavoro e non può partire dall'ultimo passaggio".

Siamo in un paese in cui occupazione femminile e possibilità di accesso a lavori qualificati e di responsabilità per le donne rimangono largamente deficitari. Siamo in un Paese in cui ci si ostina a non riconoscere che il lavoro di cura e il lavoro domestico (che molto spesso è un doppio lavoro per una parte consistente di lavoratrici) rappresentano una ricchezza che dovrebbe essere inserita a pieno titolo nel Welfare e negli elementi che contribuiscono alla formazione del PIL nazionale.

Anche nel campo previdenziale, come in tutti gli altri settori del nostro intervento sindacale, non siamo privi di proposte. Il sistema previdenziale va rivisto perché ci sono generazioni e tipologie di lavoratori che sono senza copertura pensionistica o quella che gli si prospetta non supera il vello dell'indigenza e della povertà. Noi non crediamo che la cosa si risolva togliendo a chi già possiede poco per dare a chi ha niente. Non è la solidarietà tra poveri che ci può venire proposta, ma occorre una equa distribuzione del reddito e della ricchezza che pure in questo paese esiste e di cui pochi godono i frutti mentre la maggioranza gode delle ristrettezze.

Ci opporremo in tutti i modi ad un provvedimento iniquo.

Roma, 17 luglio 2009

mercoledì 1 luglio 2009

Provvedimento anti-crisi. Modificate alcune delle norme sulla malattia e le assenze

Venerdì é stato varato dal governo il decreto anti-crisi che al suo interno contiene norme riguardanti le assenze per malattia che cambiano alcune di quelle previste nel dl 112/08.

Continuiamo a pensare che le norme sulla malattia, ancora in vigore, siano ingiuste e inutili, a partire dal mantenimento delle trattenute sul salario accessorio per i primi 10 giorni di malattia, ma sono state abrogate le fasce orarie di reperibilità giustamente definite “arresti domiciliari” ed è stato abrogato il comma 5, mettendo finalmente fine ad interpretazioni delle assenze su cui decurtare il salario accessorio, a volte fantasiose, sempre inique.

Le proteste e le iniziative messe in campo sia a livello nazionale che territoriale dalla FLC Cgil, hanno costretto il ministro a rivedere alcune delle norme anche se in modo parziale e certamente non esaustivo.

Ci auguriamo che nella conversione in legge il testo sia ulteriormente migliorato ed in tal senso continua l’iniziativa della FLC Cgil.

Nel dettaglio del Decreto:

Malattia e assenze dal servizio
Articolo 17, comma 23
Modifica la parte più iniqua dei provvedimenti previsti nella legge 133 sulla malattia e le assenze.

  • Nel comparto sicurezza e difesa e vigili del fuoco, gli emolumenti di carattere continuativo legati allo specifico status sono equiparati al trattamento fondamentale e quindi non decurtabili ai fini delle assenze per malattia.

Era ora che si prendesse questo provvedimento a lungo promesso; sottolineiamo però che anche negli altri comparti del pubblico impiego vi sono emolumenti accessori legati allo status o ad una funzione che si svolge, e quindi senza nulla togliere ai colleghi che spesso sono vittime di incidenti di servizio, evidenziamo che si crea un ulteriore diversificazione fra i dipendenti pubblici.
Il decreto non chiarisce se, come purtroppo avviene, sono assoggettati a riduzione del salario accessorio anche i malati oncologici o con gravi patologie, i ricoveri ospedalieri e le relative convalescenze.

  • E’ definitivamente chiarito che la certificazione della malattia la può fare anche il medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale.
  • E’ stato soppresso l’orario di reperibilità per le visite fiscali. Torna in vigore l’orario dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.
  • E’ abrogato il comma 5 che assoggettava tutte le assenze, a qualsiasi titolo richieste, alle stesse trattenute in vigore per la malattia. Gli effetti dell’abrogazione partono dall’approvazione della legge.

L’abrogazione di questo comma sana quella che lo stesso ministro aveva definito una “svista”: le assenze per donatori di sangue e di midollo osseo sono equiparate alla presenza come tutte le altre assenze non dovute a malattia, comprese quelle per assistenza ai portatori di handicap.

  • I costi delle visite fiscali sono a carico delle aziende sanitarie locali

Finalmente si elimina un costo gravoso per le amministrazioni e soprattutto per le scuole come da noi sempre denunciato.

Roma, 30 giugno 2009

Provvedimento anti-crisi: segnali positivi ma insufficienti per dare soluzioni credibili ai precari

I provvedimenti anti-crisi del Governo, pur segnando alcuni punti importanti di avanzamento, non sono sufficienti a dare soluzioni credibili per tutti i precari ed a eliminare completamente le norme inique sulla malattia.

Il termine del 30 giugno 2009, come data ultima per le stabilizzazioni, viene cancellato e le procedure non si esauriscono al 31 dicembre 2009 ma nel triennio 2010-2012.

Non vengono risolti i problemi degli enti di ricerca che non possono assumere perché bloccati dalla impossibilità di ripristinare il turn over e dai vincoli delle dotazioni organiche come INGV e INFN. Stesse difficoltà per le Università soffocate dai vincoli finanziari derivanti dai pesantissimi tagli.

Non sono state previste norme per prorogare i contratti di collaborazione di Ispra e Istat i cui 500 precari sono da oggi a casa perché licenziati.

Per la scuola non c’è assolutamente nulla nonostante il Ministro Gelmini si sia impegnato con le organizzazioni sindacali ad attivare un piano di interventi che evitasse il licenziamento di 18.000 docenti e personale ATA con supplenze annuali.

Circa la malattia sono state superati aspetti fortemente penalizzanti relativi alla reperibilità, all’incidenza delle assenze su alcuni istituti contrattuali, al pagamento da parte del SSN delle visite fiscali e non più da parte dei fondi di istituto delle scuole, ma restano i tagli sul salario accessorio.

Le iniziative di mobilitazione promosse dalla FLC Cgil hanno prodotto i primi risultati ma occorre andare avanti per garantire il lavoro ai precari della scuola, dell’università e della ricerca a partire dalla proroga di tutti i contratti per quei lavoratori che non rientrano nei processi immediati di stabilizzazione.

Allo stesso tempo bisogna opporsi con decisione ai contenuti del decreto Brunetta che intende demolire la contrattazione e i diritti dei lavoratori pubblici per lasciare campo libero all’arbitrio e alle clientele.

Roma, 1 luglio 2009